Dal punto di vista stilistico la storia di Versace è segnata
dall’eclettismo delle collezioni in cui elementi spaziali e temporali
assai distanti ed in antitesi si confondono nel disegno di una donna che
prima non esisteva, ossia sfacciatamente sexy e glamour, un’estetica
che segnò profondamente gli anni ’80 e ’90.
Nell’82 inventò l’oroton,
ossia la maglia a incastro di elementi metallici;
poi fu la volta del
tessuto “Africa” in cui un sottile filo di nylon veniva accoppiato ad un
filo di viscosa e poi trattato per ottenere le sue famose trasparenze;
nell’84 introdusse la scomposizione dei volumi di Picasso nella
struttura degli abiti, da lì iniziò i riferimenti all’arte contemporanea
nelle celebri stampe da Klimt all’optical di Vasarely;
per l’inverno
1987-88 accorciò spudoratamente le gonne dei tailleur da manager, nella
stagione seguente ne allungò la giacca trasformandola quasi in abito
ribattezzato “blady” (acronimo di blazer e lady).
Il decennio degli anni
’90 di Versace inizia all’insegna del colore con i tailleur
coloratissimi, nell’autunno/inverno 1992-93 in piena controtendenza ci
fu una delle sfilate più celebri di Versace, quella ribattezzata
“bondage”: le modelle apparvero sulle passerelle milanesi in abiti neri
aderenti impreziositi da borchie dorate, fibbie di diamanti, cinture di
seta e tacchi a spillo; nel ’93 apre anche la linea Versace Home, perché
negli anni Gianni e la sorella Donatella hanno costruito un vero
lifestyle che ha incantato rockstar pronte a scrivere le colonne sonore
dei loro show, principesse disposte a volare a Milano per rendere loro
omaggio, star del cinema mai apparse così sexy sui red carpet (su tutte
Elizabeth Hurley alla prima di “quattro matrimoni e un funerale”
nell’abito allacciato dalle famose spille da balia diventate un muste
del brand), curatori di musei disposti a gareggiare per ospitare le
creazioni Versace nelle loro sale (la prima fu nell’86 al Museo della
moda e del costume di Parigi).
Dopo la tragica morte di Gianni nel 197 a
Miami per mano di un serial killer è toccato alla sorella Donatella,
già dall’89 direttrice creativa della seconda linea Versus, il compito
di traghettare Versace nel nuovo millennio, continuando ad incantare ad
incantare proprio come la figura mitologica della Medusa, simbolo del
brand.
Sempre moderna nei materiali metallici, nelle forme e nei colori,
la sirena Versace è diventata cybor (anche sulle passerelle dell’alta
moda). Il peso di Versace nella storia della moda si misura anche sotto
altri profili, si tratta infatti di uno dei brand che più a contribuito
dalla fine degli anni ’70 a fare di Milano la capitale della moda
mondiale, a renderla un polo d’attrazione anche attraverso quel fenomeno
delle top model di cui Gianni Versace è considerato il padre: strappò a
Parigi le modelle più belle e ne fece delle star che hanno esportato il
Made in Italy nel mondo: la prima fu Stephanie Seymour, poi arrivarono
Naomi Campbell, Cindy Crawford, Claudia Schiffer, Elle MacPherson e le
altre;
sfilarono per lui e posarono in gruppo per le campagne
pubblicitarie più spregiudicate mai apparse fino ad allora firmate dai
più grandi fotografi della storia, da Richard Avedon a Mario Testino;
questo aspetto, insieme alla continua commistione con l’arte e allo
stretto legame con i personaggi più noti di ogni settore dalla musica
(Madonna, Elton John, Sylvester Stallone e la principessa Diana per
citarne alcuni), ha rivoluzionato il mondo della comunicazione della
moda.
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